Il nome “Melendugno”, molto probabilmente, deriva da “miele”, ma questo non è certo, visto che mancano delle fonti ufficiali.
Il territorio di Melendugno è il quarto della Provincia di Lecce, dopo Lecce, Nardò e Ugento, con oltre 9000 ettari. Il suo territorio fu frequentato in epoca preistorica, come testimoniano i due Dolmen “Placa” e “Gurgulante” esistenti nella campagna tra Melendugno e Calimera, che rappresentano lo scavo di una stazione mesolitica, grazie anche agli studi effettuati negli anni ’70, sulla zona, da parte di studiosi dell’Università di Lecce.
Nell’antichità, il territorio di Melendugno era caratterizzato da fitte macchie e boscaglie all’interno, e da una zona paludosa e malsana sulla costa. In questo contesto, i Greci portarono alle popolazioni salentine, i Messapi, i primi commerci e soprattutto la “Scrittura”. I messapi, quindi, a partire dal VI secolo a.c. adattarono l’alfabeto greco alla loro lingua parlata. Il territorio di Melendugno è anche quello delle frequentazioni di età romana imperiale e dei numerosissimi insediamenti in grotta (che ritroviamo un pò dovunque, ma con prevalenza nelle località costiere e nell’immediato entroterra), frequentati probabilmente dall’VIII – IX fino al XIII secolo. Le testimonianze della presenza dell’uomo dalle epoche preistoriche in poi si susseguono via via attraverso il periodo messapico, poi greco, poi romano, poi medievale, come dimostrano con costanza e puntualità i ritrovamenti archeologici e gli avanzi delle antiche costruzioni.
La distribuzione territoriale degli insediamenti umani, dapprima si limita alla cappella di San Niceta con il suo convento e ad alcune masserie e casali sparsi; successivamente si assiste all’incremento progressivo dei centri interni, a svolgere funzioni difensive, a scapito di quelli costieri, anche a causa delle frequenti distruzioni turche; parallelamente interventi di disboscamento recuperano terreni all’agricoltura ed innalzano la produttività di questi, provocando anche un contenuto aumento del tenore di vita; seguono poi l’introduzione, della coltura dell’olivo (ancora oggi principale risorsa agricola del feudo di Melendugno), le bonifiche delle zone paludose e malariche dell ‘800 e degli inizi del ‘900 e l’impianto delle pinete costiere con funzione di protezione del litorale sabbioso. Nel centro di Melendugno, vi è una Residenza fortificata.
Il Palazzo Baronale, edificato dai D’Affitto, Conti di Lizzanello nella seconda metà del ‘500, passò insieme all’intero feudo di Melendugno, ai Baroni D’Amely con atto del notaio D.Liberato Franco di Lecce del 15/03/1733, reperibile presso l’archivio di Stato di Lecce.
A quella data la “Torre Baronale Seu Palazzo” si componeva, come riporta l’atto citato di diverse camere sottane, e soprane, sala cucina, dispense, magazzini per vettovaglie, posture per conservare oli, cantina per conservare vino, casa per riporre, la paglia, stalla, fosse per rimettere vettovaglie, due pozzi. Si tratta di una torre poligonale a pianta stellare alla quale, in tempi successivi e a più riprese, in periodi in cui si avvertì di meno la primaria necessità di difesa, furono addossati altri corpi di fabbrica per aumentare la disponibilità di spazi interni. Presenta un’altezza, misurata dalla quota del piano di campagna, pari a metri 12,50; la struttura basamentale a scarpa, corrispondente al piano terreno, si eleva per metri 4,90 separata da un toro dalla soprastante struttura verticale, corrispondente al primo piano, alta metri 5,80; quest’ultima è separata da un secondo toro dalla struttura terminale consistente nel parapetto del terrazzo che sporge verso l’esterno in controscarpa.
La torre sorge su un banco di roccia tufacea sulla quale poggia direttamente al livello del fossato nel quale la struttura basamentale a scarpa si spinge, con inclinazione costante, per una profondità di metri due e sessanta. Il fossato circonda interamente la torre e in alcuni tratti risulta essere stato coperto da sovrastrutture successive. L’intero edificio,ben conservato, presenta strutture murarie esterne di notevole spessore che, in corrispondenza dei quattro spigoli, raggiunge i quattro metri e cinquanta mentre si riduce intorno al metro e venti in corrispondenza degli angoli ottusi di facciata.
Il considerevole spessore delle murature esterne ha permesso di ricavare all’interno piccoli vani di deposito e utili stipetti. Le strutture di copertura sono a volta in muratura, in perfetto stato di conservazione, realizzate nel tipo “Padiglione a Schifo”, forme ambedue, derivate dalla copertura a ” Botte “adottata di frequente negli edifici fortificati.
L’impostazione planimetrica di forma poligonale stellare va sicuramente cercata nelle acquisizioni cinquecentesche dell’arte militare e in particolare nella trattatistica di scuola toscana e marchigiana. Melendugno ha subìto un cambiamento notevole, a partire dagli anni del dopoguerra. Un centro storico all’interno e di quartieri periferici con costruzioni più recenti in periferia, partendo dal secondo dopoguerra. All’interno abbiamo un centro storico e in periferia quartieri con costruzioni più recenti; sempre in periferia, si è sviluppata una zona industriale abbastanza produttiva (Cooperative agricole, oleifici, fabbriche di ogni genere, arredamenti, ecc).
Dolmen ” Placa ”
Nella campagna tra Melendugno e Calimera, svoltando a sinistra dalla strada prov.le per Calimera a circa 2,5 Km dall’abitato di Melendugno, poco dopo la cappella della “Cona”, e percorrendo circa 800 metri dalla strada campestre. Segnalato con cartelli di tipo turistico. Più Dolmen del precedente e di grandi dimensioni, ha un lastrone di copertura poggiante su 7 pilastri monolitici.
Dolmen ” Gurgulante “
A circa 500 metri dall’abitato di Melendugno, sulla Prov.le per Calimera, svoltando a destra subito dopo la masseria Capitano e percorrendo circa 200 metri di strada di campagna.
Segnalato con cartelli di tipo turistico. Il Dolmen è di epoca preistorica, scoperta da G.Palumbo intorno al 1909-1910. I Dolmen sono costruzioni costituite da un certo numero di lastre in pietra grezza, infisse nel terreno, che sorreggono un grande lastrone monolitico di copertura; la loro funzione era quasi certamente
sepolcrale; dimensioni circa cm. 200×150, con un’altezza dal suolo di soli 70 cm. in media, poggia su 5 pilastri monolitici.
Chiesa ” Madre “
In origine la chiesa si presentava a navata unica, a croce latina, con delle volte costolonate, come si può rilevare dalle porzioni ancora in sito della decorazione architettonica delle murature d’attico centrale, visibili solo salendo sulle coperture. Il campanile è stato costruito nel 1696, mentre le navatelle laterali sono del 1700 e i cappelloni del Crocifisso e di San Niceta (Protettore di Melendugno), sono stati costruiti nella seconda metà dell’800. Notevoli i seicenteschi altari della nascita di Gesù, di San Marco, della Madonna del Carmine e della Madama del Rosario, arricchito da 15 formelle di vetro dipinto, ad opera del melendugnese Aprile Petrachi, che firmò anche il bellissimo ciborio ligneo argentato del 1711. Da ammirare anche un bel Crocifisso ligneo, un paliotto in pietra leccese dipinta, raffigurante l’ultima Cena e la cinquecentesca porta della sacrestia.
Cappella ” San Niceta “
Il monumento più antico del Paese, è la Cappella di San Niceta, nei pressi del Cimitero, unico resto di un’Abbazia collegata con quella più celebre di Càsole c/o Otranto, infatti fu posta alle dipendenze del grande Cenobio otrantino di S.Nicola di Casole.
La Cappella, presenta una semplice Facciata Monocuspide, aperta al centro da Porte con Arco Cieco e alta finestra. All’interno, spoglio e severo, a Navata Unica, presenta sui fianchi Arcate cieche, di stile Gotico. L’affresco, è sul muro di fondo dell’Abside con Cristo piegato che esce dal Sepolcro, si legge: ” MORS MEA VITA TUA “, data 1562. In origine, fu a corpo unico, e in seguito fu ampliata con Navate laterali del ‘700; nell’interno si notano Volte a nervature gotiche, con Altari Barocchi e Colonne Tortili. In un’Urna si conserva il Braccio del Protettore, San Niceta.